Norme sulla videosorveglianza in azienda
L'art. 4 comma 1 della legge n. 300/1970, modificato in seguito dall'art. 23 comma 1 del D.Lgs. n. 151/2015, prevede che
“Gli impianti di audiovisione e gli altri strumenti da quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori
possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato
dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali [...].
In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono
essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in
alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro,
del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali”.
Obblighi e sanzioni sulla videosorveglianza in azienda
L'installazione delle telecamere in un ambiente di lavoro, senza accordo sindacale o autorizzazione amministrativa,
fa scattare gli obblighi e le relative sanzioni, persino in caso di impianti non funzionanti.
Alla prassi già consolidata in materia di impianti audiovisivi nei luoghi di lavoro, dopo il Jobs act,
si è aggiunto un importante tassello con la nota del ministero del Lavoro emanata il
1 giugno 2016 n°11241.
La nota guarda alle ispezioni e alle sanzioni relative alle telecamere installate senza
accordo sindacale o senza autorizzazione, ai sensi dell'articolo 4 comma 1 della Legge n°300/1970.
La questione affrontata verte sul provvedimento di prescrizione che gli accertatori adottano
in sede ispettiva, nel momento in cui rilevino l'installazione e l'impiego illecito di
impianti audiovisivi per finalità di controllo a distanza dei lavoratori in orario di lavoro.
Quando è giustificata la video-sorveglianza in azienda?
La norma, modificata nell'ambito del Jobs act dall'articolo 23 comma 1 del D.Lgs. 151/2015,
stabilisce due principi da rispettare:
- L'installazione di questi strumenti e, in genere, di quelli dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei
lavoratori può avvenire esclusivamente per esigenze organizzative e produttive ovvero per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale;
- L'installazione non può avere luogo se non è preceduta da apposito accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale o dalle
rappresentanze sindacali aziendali. Se in azienda non sono presenti rappresentanze sindacali o in mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti
in oggetto possono essere installati solo dopo aver richiesto l'autorizzazione alla Direzione Territoriale del Lavoro.
Nel caso di aziende con unità produttive dislocate in ambiti di competenza di più Direzioni Territoriale del
Lavoro del ministero del lavoro nella piena operatività del D.Lgs. 149/2015 questi organismi saranno
rispettivamente sostituiti dalle sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale e della sede centrale.
La nota pone in violazione dei criteri sopra descritti anche la presenza di telecamere che, seppur
installate, non siano ancora state messe in funzione, così come non si mette al riparo dalla
violazione dell'articolo 4 comma 1 della Legge n°300/1970 il datore di lavoro che ha preventivamente informato
i lavoratori.
Allo stesso modo non influisce il fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali
dove i lavoratori possono trovarsi anche solo saltuariamente.
Videosorveglianza fittizia - Uso di telecamere "finte"
La stessa nota di cui sopra precisa inoltre come sia vietata anche l'installazione di telecamere “finte” montate
a scopo dissuasivo, poiché questa condotta costituisce già di per sé un illecito, indipendentemente all'effettivo utilizzo dell'impianto.
Sanzioni per la violazione delle norme sulla videosorveglianza
La violazione è sanzionata con ammenda da €154,00 a €1.549,00 o arresto da 15 giorni ad un anno, salvo che
il fatto non costituisca reato più grave.
Quindi, se l'ispettore rileva in loco l'installazione di telecamere in assenza di uno specifico
accordo con le organizzazioni sindacali o dell'autorizzazione rilasciata dalla Direzione Territoriale
del Lavoro, deve impartire una prescrizione al fine di porre rimedio all'irregolarità attraverso la
rimozione materiale degli impianti audiovisivi, entro un termine assegnato.
Se, in questo lasso di tempo venisse siglato l'accordo sindacale o ottenuta l'autorizzazione da parte
dalla Direzione Territoriale del Lavoro, l'ispettore può ammettere il datore di lavoro al
pagamento della sanzione amministrativa nella misura pari ad un quarto del massimo dell'ammenda.
Come presentare la domanda di autorizzazione alla videosorveglianza?
Domande frequenti sulla videosorveglianza in azienda
Domanda: abbiamo già depositato la pratica e abbiamo già ottenuto l'autorizzazione dalla ITL (Ispettorato Territorriale del Lavoro) alla videosorveglianza. Nel
tempo è stato necessario aumentare il numero di telecamere e spostarne altre. Come ci dobbiamo comportare? Dobbiamo rifare
la richiesta di autorizzazione? Basta qualche forma di integrazione?
Risposta: ci rifacciamo alla cricolare nr. 5 del del 19/02/2018 emessa dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro che indica come non sia fondamentale
indicare il posizionamento predeterminato e l'esatto numero delle telecamere da installare. È fondamentale invece che
non siano cambiate le motivazioni che hanno spinto l'azienda alla videosorveglianza, motivazioni dichiarate nell'istanza presentata all'ITL.
Voci correlate:
GDPR a Brescia